Nella nostra società c’è ancora l’idea passiva che la motivazione deve provenire solo dall’esterno, ovvero dalle altre persone o dalle cose materiali; quindi ci aspettiamo che sia la scuola, l’allenatore o che sia l’azienda a motivarci.
L’effetto di questa credenza errata è quella di toglierci la responsabilità. Per cui, se la motivazione non dipende da noi, ma dal mondo esterno, ci verrà naturale dire: “cosa posso farci? Non è mica colpa mia!”

Questo diventa quasi un pensiero rassicurante perché permette di incolpare qualcun altro quando non abbiamo voglia di fare, di faticare, di lottare, di impegnarci per conquistare i nostri obiettivi.
Il rischio è che continuando a stare nella comfort zone rischiamo di rimanere prigionieri della comodità.

Talvolta, la ricerca della motivazione esterna ci porta a farci motivare dal successo, dal denaro, dalla voglia di diventare famosi, di dimostrare agli altri.
Questo genera attaccamento, ansia, tensione, aspettativa, e ci fa perdere contatto con il motore primordiale che ci attiva e ci spinge naturalmente a fare le cose, ovvero: la passione.

Tutto questo ha a che fare con la motivazione intrinseca che è presente esclusivamente dentro di noi; qua risiede il sogno e il desiderio di raggiungere i gli obbiettivi e realizzare i progetti di vita.
La motivazione intrinseca mette in circolo la dopamina, ovvero quell’ormone legato al senso di padronanza e a quella sensazione di potercela fare.
Più raggiungiamo piccoli traguardi, più sentiamo questa sensazione dentro di noi.

In conclusione, quando siamo di fronte a cali fisiologici di motivazione, va ricercata la motivazione intrinseca, il nostro “vero perché”, quello che ci spinge ad essere e fare quello che abbiamo scelto.

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Intanto ti ringrazio.
Un abbraccio,
Concetta